Pittura murale medievale

Tra il III e il XII secolo d.C. si assiste ad una involuzione della tecnica pittorica murale. Ciò si può notare nella presenza di intonaci sottili, stesi frettolosamente e con poca cura. La pittura richiedeva una applicazione rapida del colore, al fine di non fare seccare l’intonaco.

La Mappae Claviculae è una raccolta di oltre 300 ricette riguardanti prevalentemente procedimenti per la preparazione dei colori. Risale a un periodo tra VIII-IX secolo d.C. Questa fonte, in merito alla pittura murale, ci dice solo che i colori erano impiegati “in parietibus simplice”, senza fare riferimenti a tecniche a fresco o a secco. Un’altra importantissima fonte è il Libro dell’Arte di Cennino Cennini, scritto nei primi anni del Quattrocento in volgare.

Tra il 1110 e il 1140 il monaco Teofilo, probabilmente Roger di Helmarshausen, scrive il De diversis artibus, costituito da tre libri di cui uno dedicato interamente alle tecniche di miniatura e pittura. Egli ci dà alcune importanti informazioni circa la pittura del suo tempo. Scrive che i colori venivano applicati su un intonaco già asciutto, tuttavia preventivamente inumidito con acqua. I pigmenti da applicare erano miscelati con calce per una buona aderenza e venivano applicati sulla superficie umida.

La pittura a calce veniva utilizzata sia come tecnica in sé, sia per le finiture a secco.

L’Ultima Cena, affresco della chiesetta di San Bartolomeo, Affi (VR)

La pratica dell’affresco fu comune nei primi secoli del Medioevo, ma con il trascorrere del tempo si assiste alla progressiva contaminazione di questa tecnica con quelle di finitura a secco, a calce, a tempera e ad olio. La pittura a calce è la più affine all’affresco, ma la tecnica di esecuzione è comunque differente, in quanto i colori vengono temperati nella calce stessa, mentre nell’affresco sono temperati nell’acqua.

Dipinto a secco: Annuncio a Zaccaria, Giotto, cappella Peruzzi, basilica di Santa Croce a Firenze

L’impiego concomitante di queste tecniche era dovuto all’applicazione dell’intonaco fresco lungo tutta la larghezza del muro da dipingere sul quale venivano montati i ponteggi. Procedendo dall’alto verso il basso, la pittura era dunque eseguita per fasce orizzontali parallele dette “pontate”.

Successivamente dalle pontate si passa alle “giornate”, che prevedevano la suddivisione della scena da dipingere in aree che corrispondevano al lavoro di una giornata, permettendo così un lavoro più accurato. Nel disegno preparatorio si potevano utilizzare delle sagome ritagliate. Differenti erano i cartoni, che costituivano il disegno su carta dell’intera immagine da eseguire, trasferita poi tale e quale sulla superficie pittorica attraverso lo spolvero o l’incisione.

Sinopia nell’affresco della chiesetta di San Bartolomeo, Affi (VR)

Con la tecnica a fresco la pittura subisce un processo di carbonatazione, che avviene quando la calce si combina con l’anidride carbonica, producendo un reticolo cristallino che fissa i colori. Ciò non accade quando l’intonaco è asciutto: in tal caso si pitturava miscelando i colori con un legante come l’uovo, la colla, l’olio, la cera o la stessa calce, che nel loro insieme costituiscono le tecniche a secco. La pittura murale a secco è maggiormente corposa e risulta più soggetta al degrado rispetto all’affresco.
Nell’affresco il muro veniva bagnato per consentire una migliore adesione di uno o più strati di una malta macinata grossolanamente, costituita da calce e sabbia1. Tale stesura poteva essere costituita da uno oppure due strati: nel primo caso si tratta del solo arriccio2; nel secondo caso tra il muro e l’arriccio vi era uno strato chiamato sbruffatura3.
Al di sopra dell’arriccio veniva disegnata la sinopia4, che rappresenta una composizione abbozzata della scena da dipingere.

Non deve essere confusa con il disegno preparatorio, che è il progetto grafico dettagliato in tutti i suoi particolari ed eseguito direttamente sull’intonaco.

I pigmenti compatibili con la calce fresca dell’intonaco erano costituiti soprattutto da terre a base di ossidi ferrosi, che però erano poco luminosi. Sull’intonaco asciutto e dopo l’applicazione del colore a secco poteva essere eseguita la doratura5 con un adesivo a base oleo-resinosa steso direttamente sull’intonaco.

I pigmenti utilizzabili per l’affresco dovevano essere resistenti sia all’azione caustica della calce che alla luce, all’aria, all’umidità e agli agenti atmosferici.

Tra i pigmenti minerali utilizzabili per l’affresco abbiamo le ocre in varie tonalità dal giallo al marrone, il nero d’avorio e con il silicio alluminato si otteneva il verde terra. Il solfuro di mercurio dava una colorazione rossa chiamata cinabro, il cosiddetto bianco San Giovanni derivava dalla lavorazione della calce, mentre il silicato di sodio e alluminio permetteva di ottenere un colore bluastro.

Altri pigmenti come la biacca, il massicot, il minio, l’azzurrite e il verderame erano utilizzabili, ma alterabili sul muro.

Nella pittura a secco sul muro i leganti potevano essere organici, come uovo, colla animale, gomme vegetali e olii siccativi, oppure inorganici, come il latte di calce.

Curiosità: l’Ultima Cena di Leonardo non è un affresco, ma un dipinto parietale realizzato su intonaco secco


NOTE

1 oppure pozzolana, cocciopesto, polvere di marmo

2 Arriccio è una miscela a base di sabbia (SiO2), calce spenta e acqua in proporzioni variabili. Ha la funzione di livellare la parete di supporto e creare una base di presa adeguata al soprastante intonachino

3 Primo strato piano di malta su una parete, cui fanno seguito altri strati di completamento per la formazione dell’intonaco definitivo

4 Sinopia è un disegno a pennello eseguito a fresco e con pigmenti terrosi (rosso sinopis) sull’arriccio. Serviva ad ottenere una verifica dell’idea compositiva e una programmazione delle giornate di lavoro

5 Applicazione di una lamina d’oro. Poteva essere a missione, tecnica che prevedeva lo stendere un liquido con potere adesivo sull’oggetto da dorare ed applicare poi la foglia d’oro; o a guazzo, una tecnica più complessa e antica della doratura a missione: si doveva preparare il fondo, il bolo, applicare la foglia d’oro e infine brunire

BIBLIOGRAFIA

  • Appunti di Storia delle tecniche artistiche e del restauro, 2015, corso di laurea triennale in Beni Culturali
  • Baroni S., Pizzigoni G., Travaglio P., 2014, Mappae clavicula. Alle origini dell’alchimia in Occidente, Il Prato
  • Caffaro, A., 2000, Teofilo monaco. Le varie arti. De diversis artibus. Manuale di tecnica artistica medievale, Palladio Editrice
  • Maltese C., 1993, Materiali per la pittura. Preparazione e finitura delle opere pittoriche. Materiali e metodi. Preparazione e imprimiture, leganti, vernici, cornici, Mursia
  • Rinaldi S., 2011, Storia tecnica dell’arte. Materiali e metodi della pittura e della scultura (secc. V-XIX), Carocci editore

SITOGRAFIA

http://www.antichitabelsito.it/doratura.html, 11/04/2019

IMMAGINI

  • Silvia Recalcati
  • Nicola Residori
  • Wikipedia.org

a cura del Dott. Nicola Residori