Il Rinascimento e le illusioni prospettiche: Santa Maria presso San Satiro a Milano


Fin dall’antichità, la rappresentazione prospettica di oggetti è sempre stata usata con l’intento di creare effetti di “illusione percettiva”. Sfruttata soprattutto per la rappresentazione di fondali scenici, essa doveva essere costruita in modo tale che le linee corrispondessero “in maniera naturale alla visione degli occhi e alla estensione dei raggi, fissato un certo punto come centro, in modo che immagini determinate dall’apparenza rendano l’aspetto degli edifici nelle pitture sceniche, e le figurazioni in prospetto piano sembrino ora arretrate ora prominenti.[1]

Dovremo tuttavia aspettare il Rinascimento per poter assistere al pieno sbocciare della tecnica prospettica, che verrà portata, durante i secoli successivi, al suo massimo potenziale illusionistico. Infatti, se per tutta l’arte gotica medievale si nota una totale predominanza di rappresentazioni che annullano la profondità spaziale, prediligendo preziosi sfondi oro e bidimensionalità rispetto alla raffigurazione realistica dei soggetti, con l’arrivo del XV secolo il panorama artistico inizia a cambiare. Sempre più artisti inizieranno a prendere ispirazione dai grandi maestri dell’arte greca e romana, portando i loro insegnamenti verso nuovi orizzonti e rivoluzionando per sempre la storia dell’arte.

Tra questi è indubbiamente di imprescindibile importanza Filippo Brunelleschi (1377-1446) che fu, non solo il primo architetto del periodo rinascimentale, ma soprattutto “il primo artista” a ricercare “un metodo oggettivo per rappresentare lo spazio nel modo più realistico”[2]; i principi sulla prospettiva lineare e sulla sua realizzazione (eseguita tramite la disposizione degli oggetti nello spazio secondo una griglia geometrica), da lui formulati, saranno elaborati e pubblicati nel 1435 da Leon Battista Alberti, nel suo trattato De Pictura. Fu specialmente il contributo di questi due artisti, a permettere alla tecnica prospettica di avanzare ed evolversi rapidamente, non solo nei dipinti, ma anche in ambienti architettonici, dove le illusioni ottiche date dalla prospettiva restituiscono i risultati migliori. Sempre più architetti e scenografi, infatti, iniziarono presto ad interessarsi a questa tecnica e “i meravigliosi progressi della prospettiva divennero un elemento tecnico che l’arte, in particolare quella barocca, asservì alle proprie esigenze di creazioni fantastiche e monumentali, capaci di incantare ed emozionare.”[3]

Due delle tecniche prospettiche applicabili in architettura aventi più potere illusorio, “ingannando l’osservatore in merito alle reali dimensioni di un ambiente”[4], sono la prospettiva accelerata e la prospettiva rallentata.

A sinistra: prospettiva accelerata. A destra: prospettiva rallentata.

Nella prima, i lati convergenti dell’ambiente costruito, amplificando la “naturale convergenza visiva data dalla prospettiva”, permettono di creare l’illusione ottica di un ambiente molto più profondo di quello reale. Nella seconda, al contrario, la divergenza delle linee che delimitano l’ambiente si compensa naturalmente con la convergenza delle linee prospettiche, risultando nella creazione illusoria di uno spazio più ristretto.[5]

Queste strategie vennero particolarmente sfruttate per la costruzione di ambienti architettonici quali volte o cupole: è proprio questo il peculiare caso della chiesa di Santa Maria presso San Satiro, a Milano.

Nascosta tra i negozi a pochi passi dal Duomo e spesso ignorata dai turisti a causa delle sue piccole dimensioni e della modesta facciata, questa chiesa è, tuttavia, una delle perle segrete del capoluogo lombardo. Progettata da Donato Bramante e realizzata in collaborazione con altri artisti tra il 1482 e il 1486, essa si presenta, appena entrati, come “opera ricchissima”.[6]

Questa chiesetta rappresentò per Bramante una delle prime commissioni milanesi, nonché una delle opere in cui poté dare maggior sfoggio al suo ingegno, costruendosi una reputazione che lo porterà ad essere considerato il primo grande architetto del Rinascimento maturo (XVI secolo); prendendo in prestito le parole di Giorgio Vasari: “né poteva la natura formare uno ingegno più spedito, che esercitasse e mettesse in opera le cose dell’arte, con maggiore invenzione e misura e con tanto fondamento quanto costui.”[7]. Iniziato all’architettura tra i maestri di Urbino, egli si trasferì nella città lombarda nel 1478, rimanendovi per una decina di anni e lasciandovi opere di immortale bellezza. Tra queste, Santa Maria presso San Satiro si presentò subito a Bramante come un’interessante sfida: l’edificio infatti, che doveva sorgere in prossimità di una strada, avrebbe potuto essere, a causa del poco spazio a disposizione, solamente a croce commissa e dunque senza un’abside.

La soluzione che Bramante decise di adottare, viste tali condizioni, non solo dà sfoggio al suo genio, ma si presenta come la perfetta realizzazione di una prospettiva accelerata. Egli decide infatti di costruire dietro all’altare un finto coro in stucco profondo appena 90 cm, che, grazie alle sue linee estremamente convergenti, crea una perfetta illusione ottica che suscitata nella mente dell’osservatore l’immagine, non solo di un’abside che in realtà non è presente, ma di un’abside estremamente profonda e monumentale. “Realizzata in mattoni e decorata con terrecotte e stucchi dipinti”, l’abside appare infatti sovrastata da un’ampia volta a botte a cassettoni dorati, la quale fa da cornice ad una lunetta affrescata, rappresentante il Miracolo della Beata Vergine pugnalata da Massanzio. Sotto ad essa, dietro all’altare, una parete con due nicchie decorate “a valva di conchiglia” racchiude un secondo altro affresco della Vergine con il bambino.[8] Ai lati del coro, infine, troviamo un’architettura ad archi a tutto sesto, la cui trabeazione e preziosa decorazione suggeriscono un proseguimento del corpo centrale della chiesa e la presenza di navate laterali tuttavia inesistenti, frutto solamente della prospettiva illusoria.

Il resto della chiesa non si presenta certo da meno: l’occhio del visitatore viene infatti attirato inesorabilmente verso l’alto, dove l’oro brillante delle volte a botte impreziosisce ed illumina tutto l’ambiente sottostante. Anche qui possiamo trovare l’elemento dell’illusione essendo che, al contrario di quello che succede nella volta del coro, i lacunari, benché identici, sono qui non modellati in stucco, ma magistralmente dipinti in modo da apparire tridimensionali. La navata centrale, quelle laterali, ed il transetto sono poi tutte impreziosite da una “ricca decorazione fittile, in parte dorata su fondo blu” che corre lungo le trabeazioni, “scandendo tutti i capitelli e le nicchie dei muri perimetrali” e contribuendo alla ricchezza totale dell’edificio sacro. [9]

Avvicinandosi all’altare, infine, si può ammirare la magnifica cupola, “primo esempio di calotta emisferica eretta nel Rinascimento dopo quella classica del Pantheon”.[10] Anch’essa si presenta ricoperta dai medesimi lacunari dell’abside e del soffitto che sovrasta la navata centrale, questa volta realizzati, come nel primo caso, in stucco dorato su sfondo blu e delimitati da cornici contenenti “ampi fioroni a cinque petali”. Tali decori non sono tutti della medesima grandezza, ma “degradano” mano a mano che si sale verso il centro, verso l’oculo e la lanterna soprastante, fino a sparire del tutto, trasmutando in forme allungate e prive di fiore.[11] Anche questa costruzione contribuisce nel suo “piccolo” alla ricerca dell’illusione, restituendo l’idea di una cupola più alta di quanto non sia realmente.

La chiesa di Santa Maria presso San Satiro può essere solamente descritta come una vera gemma rinascimentale, nascosta sotto gli occhi di tutti; un universo dorato che non potrà che essere d’ispirazione ad artisti futuri in quanto a bellezza, ma soprattutto a quell’ingegnosità rinascimentale che gioca con lo sguardo di chi osserva. Infatti, quest’opera di Bramante sarà la prima di una lunga serie ad utilizzare la prospettiva, “nata come strumento di misurazione e rappresentazione dello spazio reale”, come “mezzo per creare uno spazio virtuale” capace di meravigliare e sorprendere, e che raggiungerà il suo apice con il periodo Barocco.[12]

NOTE:

[1] S. Sammarone, Illusionismo prospettico: scheda di approfondimento, Zanichelli Editore SpA, Bologna, 2010, p.1.
[2] C. Fumarco, L. Beltrame, Vivere l’arte 2: dal Rinascimento al Rococò, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2008, p.25.
[3] S. Sammarone, Illusionismo prospettico: scheda di approfondimento, Zanichelli Editore SpA, Bologna, 2010, p.2.
[4] E. Pulvirenti, “Le sette meraviglie prospettiche in architettura”, http://www.didatticarte.it/Blog/?p=2144
[5] Ibid.
[6] P. Rotta, Passeggiate storiche ossia Le chiese di Milano dalla loro origine fino al presente, Tipografia del Riformatorio patronato, Milano, 1891, pp.52-53.
[7] G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, Parte terza (primo volume), apresso i Giunti, Firenze, 1568, p.27.
[8] A. Barbieri, “Decorazione plastico pittorica del finto coro”, http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/1j560-00062/
[9] A. Barbieri, “Decorazione plastico pittorica delle navate e del transetto”, http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/1j560-00068/
[10] C. Fumarco, L. Beltrame, Vivere l’arte 2: dal Rinascimento al Rococò, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2008, p.185.
[11] A. Barbieri, “Decorazione plastico pittorica della cupola”, http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/1j560-00055/
[12] C. Fumarco, L. Beltrame, Vivere l’arte 2: dal Rinascimento al Rococò, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2008, p.186.

FONTI:

a cura della Dott.ssa Paola Recalcati