I Cavalieri Brandeburghesi a Verona

Si trattava probabilmente di armati provenienti dal Tirolo, non dal lontano Brandeburgo: a Lodovico di Wittelsbach, Conte del Tirolo, veniva in primo luogo attribuito il titolo di Marchese di Brandeburgo e per questo i suoi cavalieri sono chiamati “brandeburghesi” dai cronisti veronesi.

Alcuni di questi dovettero rimanere al servizio di Cangrande II della Scala in quanto i mercenari tedeschi erano spesso assoldati negli eserciti Scaligeri; il 24 aprile 1354, festa di San Giorgio, istituirono una messa perpetua nella chiesa consacrata al Santo e fecero dipingere i loro stemmi e un’iscrizione, in memoria della loro donazione:

ISTI SUNT FUNDATORES D ISTA MISA QUE DEBET ESE SEM
PER OMNI DIE ORA TERCIA IN ONORE SA GEORI ET PER OM
NIB’ THETONICIS FIVIS ET MORTIS ET EST CONSECRATA
IN FESTO SCI GEORI ANO DOMINI MCCCLIIII XXIIII APRILIS

Mastino II della Scala, avvilito per la rovina della città e dello Stato, inviso a tutti, anche alla moglie Taddea da Carrara, mori nell’anno 1351, dopo essersi fatto costruire una splendida arca marmorea, nel cimitero Scaligero.

cavalieri-brandeburghesi-3Alla corte di Mastino II, secondo una cronaca del tempo, numerosi esuli accorrevano da regioni vicine e lontane in cerca di asilo e protezione. Pietro Alighieri, figlio di Dante, visse in Verona almeno negli anni 1333-1361 ed ebbe l’ufficio di Vicario del Podestà. Francesco Petrarca, più volte ospite del letterato veronese Guglielmo Guarienti (detto da Pastrengo), ebbe qui numerosi amici. Si trovava a Verona quando gli apparve, in sogno, la visione di Laura morente, nello stesso giorno in cui Laura realmente morì (6 aprile 1348).

I successori di Mastino II tentarono invano d’impedire il disgregarsi dello Stato, continuamente minacciato e combattuto dalle signorie confinanti. I principi si susseguirono rapidamente, insidiati e traditi dagli stessi concittadini, talvolta uccisi dai propri fratelli, bramosi di potere e di ricchezze. Lo sfarzo e lo sperpero della corte esacerbavano la popolazione, impoverita dalle guerre e gravata con tasse opprimenti.

cavalieri-brandeburghesi-5Alla morte di Mastino II (1351) la Signoria passò ai figli Cangrande II, Cansignorio e Paolo Alboino, mentre Alberto II si ritirava a vita privata e poco dopo moriva. Dei tre fratelli, tenne effettivamente il potere solo il primo, Cangrande II, detto «Canrabbioso».
Se pure egli non fu quale lo descrive il soprannome, certo non lasciò buona fama di sé. Per consolidare la sua debole posizione entrò a far parte della Lega Antiviscontea ed intensificò i rapporti con il cognato Marchese di Brandeburgo e Conte del Tirolo (aveva sposato Elisabetta, figlia di Ludovico il Bavaro).

Nell’anno 1354 Cangrande II era appena partito per Bolzano, ove l’attendeva il cognato, quando Fregnano della Scala, fratello naturale al quale egli aveva affidato la città, fu spinto alla ribellione dai Gonzaga e dai Visconti; riunì pertanto il popolo a parlamento e si fece eleggere Capitano, Signore e Podestà.

Solo la parte peggiore della popolazione aveva partecipato alla rivolta e l’ordine fu facilmente ristabilito per mezzo di esecuzioni e confische.
Lodovico di Wittelsbach accorse subito con 500 cavalieri e propose di vendicarsi anche dei Gonzaga (che avevano istigato e reso possibile con i loro aiuti la ribellione), seguendo l’usanza tedesca di «abbruciare» tutto il loro paese. Al rifiuto di Canrabbioso, «parendogli che l’humanità del cognato fosse viltà e dappocaggine a perdonare le ingiurie, partì mal soddisfatto».
cavalieri-brandeburghesi-1Nel luogo in cui vinse Fregnano, Cangrande II eresse, a rendimento di grazie, la chiesa di Santa Maria della Vittoria. I cavalieri tedeschi rimasero a lungo in Verona e vi fecero erigere anch’essi una chiesa, San Pietro Martire, dove stemmi ed affreschi ricordano la loro presenza.

Per difendersi da ogni minaccia interna ed esterna Cangrande II costruì il castello Scaligero, detto poi Vecchio, mirabile esempio di palazzo sontuoso e di fortezza saldissima (1351-1354). Sua principale preoccupazione fu ammassare denaro per i propri figli naturali – poiché non n’aveva di legittimi – e depositarlo al sicuro in altre città, Venezia e Firenze. Per fabbricare il castello, in cui abitò sempre, e per accumulare tesori in favore dei figli, impose forti tasse, con gran malcontento della popolazione, mentre sollevò l’indignazione dei fratelli, nominando eredi della Signoria i propri figli naturali.

FONTI:

A cura di Fabio Scolari