La leggenda di San Giorgio e il drago

In quanto simbolo del paganesimo e del Male, il drago è un personaggio frequente nelle storie dei santi medievali. La lista dei santi sauroctoni – cioè uccisori di draghi – è infatti molto lunga: Teodoro, Silvestro, Margherita e Marta (che però si limitò ad ammansire il mostro) sono solo i più famosi. A questi si aggiunge l’Arcangelo Michele, alla guida della battaglia contro il drago apocalittico.

Tra gli uccisori di draghi, tuttavia, nessuno ha riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio, scelto come patrono dall’Inghilterra e dal Portogallo.

Non si hanno notizie biografiche certe sul Santo: le principali informazioni provengono dalla Passio Sancti Georgii, classificata però già nel 496 tra le opere apocrife (ovvero non riconosciute dalla Chiesa ufficiale).

Secondo questa fonte, Giorgio era originario della Cappadocia (regione dell’odierna Turchia), figlio di Geronzio, persiano, e Policromia, cappadoce, nato verso l’anno 280. I genitori lo educarono alla religione cristiana. Trasferitosi in Palestina, si arruolò nell’esercito dell’Imperatore Diocleziano, comportandosi da valoroso soldato, fino al punto di giungere a far parte della guardia del corpo dello stesso Diocleziano, divenendo ufficiale delle milizie.

Ma quando nel 303 l’Imperatore emanò un editto contro i Cristiani (editto che rappresentò una delle più gravi persecuzioni nei loro confronti) egli, allora tribuno, lo strappò, venendo per questo arrestato. Giorgio donò così tutti i suoi averi ai poveri e confessò la sua fede in Cristo davanti alla corte.

Questo gli costò il martirio, che sarebbe avvenuto sotto Diocleziano stesso; all’invito dell’Imperatore di sacrificare agli dei egli si rifiutò: secondo la leggenda, venne battuto, sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove ebbe una visione di Dio che gli predisse sei anni di tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione.

Qui il mito diventa magia: tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade, Giorgio resuscitò, operando la conversione del Magister Militum Anatolio con tutti i suoi soldati, che vennero uccisi a fil di spada; poi entrò in un tempio pagano e con un soffio abbatté gli idoli di pietra; infine convertì l’Imperatrice Alessandra, che venne martirizzata.

Inoltre, a richiesta del Re Tranquillino, Giorgio resuscitò due persone morte da quattrocentosessant’anni, le battezzò e le fece sparire. L’Imperatore Diocleziano lo condannò nuovamente a morte e il Santo, prima di essere decapitato, implorò Dio che l’Imperatore e la sua corte fossero inceneriti: esaudita la sua preghiera, Giorgio si lasciò decapitare, promettendo protezione a chi avesse onorato le sue reliquie, le quali sono conservate in una cripta sotto la chiesa cristiana (di rito greco-ortodosso) a Lydda (l’odierna Lod, in Israele).

Fu solo nel Medioevo che Jacopo da Varagine fissò la sua Leggenda Aurea di San Giorgio.

In essa l’autore ci presenta Giorgio come un eroico cavaliere. Nella Leggenda si narra che nella città di Silene in Libia vi era uno stagno che nascondesse un drago. Il drago si avvicinava alla città uccidendo chiunque incontrasse e gli abitanti gli offrivano due pecore al giorno per placare la sua ira. Quando le pecore scarseggiavano si offriva una pecora e una persona scelta a sorte. Quando la sorte scelse la figlia de Re, passò di lì Giorgio, che la tranquillizzò. Giorgio salì a cavallo e sconfisse il drago. Al popolo disse: “Non abbiate timore, Dio mi ha mandato per liberarvi dal drago. Abbracciate la fede in Cristo!”

Questa leggenda era sorta al tempo delle Crociate e, probabilmente, fu influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’Imperatore Costantino, trovata a Costantinopoli, in cui il sovrano schiacciava col piede un enorme drago, simbolo del «nemico del genere umano». La fantasia popolare ci ricamò sopra e il racconto, (passando per l’Egitto dove San Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri) divenne una leggenda affascinante, spesso ripresa nell’iconografia.

Sempre nel Medioevo la lotta di San Giorgio contro il drago diviene il simbolo della lotta del Bene contro il Male e, per questo, il mondo della cavalleria vi vide incarnati i suoi ideali. La leggenda del soldato vincitore del drago contribuì al diffondersi del suo culto, che divenne popolarissimo in Occidente ed in tutto l’Oriente bizantino, ove egli è per eccellenza il «grande martire» e il «trionfatore».

Rapidamente egli divenne un Santo tra i più venerati in ogni parte del mondo cristiano. Vari Ordini cavallereschi portano oggi il suo nome e i suoi simboli: l’Ordine della Giarrettiera, l’Ordine Teutonico, l’Ordine Militare di Calatrava, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Reale e militare ordine di San Giorgio della Riunione e molti altri.

Secondo vari studiosi, San Giorgio e San Michele sono eredi dell’immagine dell’eroe radioso che uccide un drago, parte della fase solare del mito della creazione, il cui archetipo fu il dio babilonese Marduk.

A cura della Dott.ssa Chiara Martini