Araldica

IL LINGUAGGIO ARALDICO E LO SCUDO

“Heraldry is the study and description (blazoning) of coats of arms, and of the rights of individuals and families to bears arms.”
(l’araldica è lo studio e la descrizione degli stemmi, e il diritto delle persone e delle famiglie a portare le armi)

Questa definizione di John Grenham va efficacemente ad individuare gli scopi e l’argomento di cui si occupa questa antica arte. Questa definizione si compone di tre elementi fondanti: lo stemma, la blasonatura e il diritto alle armi.

Lo stemma, vero protagonista, è l’oggetto di studio. La sua etimologia viene fatta discendere dal greco στέμμα (stémma), ovvero “corona”, ma è possibile che nel suo significato più antico volesse indicare l’albero. Quindi lo stemma non solo incorona chi lo possiede, ma ha la funzione di mostrare il suo “albero” ovvero la sua genealogia che ritroviamo nell’espressione albero genealogico.

La descrizione e la decifratura della simbologia degli stemmi prende il nome di blasonatura. In questo contesto quindi stemma e blasone sono sinonimi. La blasonatura segue regole rigide e un linguaggio che discende direttamente dal Medioevo. Chi sapeva padroneggiare quest’arte poteva comprendere le origini e le vicende di una casata previa una forte conoscenza della storia, dei miti e dei loro significati.

L’araldica, in ultimo, si occupa anche del diritto di portare le armi, riservato a chi poteva permettersele e quindi anche chi probabilmente godeva di uno status sociale elevato e possedeva uno stemma araldico. Bisogna infatti ricordare che nella società feudale a non tutti era concesso il diritto di portare le armi. Solo i nobili avevano la facoltà di portare le armi in pubblico. Anche gli ecclesiastici potevano girare armati. Tutto il Medioevo fu un’epoca particolarmente cruenta, tanto che la Chiesa Cattolica introdusse la Tregua di Dio, che impediva l’uso della violenza per mezzo di sanzioni spirituali.

Lo stemma è perciò legato a doppio filo alla “famiglia”.

 Lo stemma si compone dallo scudo e dagli ornamenti esteriori.

Per capire a pieno che cos’è uno stemma bisogna spiegare lo scudo. Lo scudo è il supporto su cui si disegnano le figure che permettono di identificare una famiglia, una comunità, un uomo.

La forma degli scudi che si sono sviluppati nel tempo è molto diversa e anche questa dà, a chi le sa leggere, preziose informazioni.

Ecco alcuni esempi:


1) Francese detto antico
2) Francese detto moderno
3-4) Dame e damigelle
5) Da torneo o stendardo
6) Italiano
7) Svizzero
8) Inglese
9) Tedesco
10) Polacco
11) Spagnolo, portoghese e fiammingo


COSTRUIRE UNO SCUDO

I colori dello scudo in araldica prendono il nome di smalti e sono 7. Non hanno una denominazione universale ad esempio in francese prendono nomi di fantasia come il rosso che viene detto gueules (bocche). Spesso i 7 colori sono associati a sentimenti o valori umani, ma non è una regola.

  • Rosso → amore → gueules
  • Azzurro → lealtà → azur
  • Nero → tristezza → sable
  • Verdegioia o speranza → sinope
  • Porpora → sovranità → pourpre
  • Arancione → aurore e Marrone → tenné, come il porpora del resto, sono usati più raramente e non presentano un significato particolare.

Due smalti non possono essere sovrapposti, questo perché lo scudo deve essere identificato da lontano. Per poter variare tra uno smalto e l’altro si usano i metalli. Questi sono solo 2: giallo, chiamato oro e bianco chiamato argento. Mentre l’oro indica grandezza e virtù l’argento indica purezza e saggezza. Come gli smalti nemmeno i metalli si possono sovrapporre. Alcuni scudi presentano due particolari decorazioni chiamate pellicce. Sono l’ermellino e il vaio, uno scoiattolo russo. Vale la regola che come per gli smalti non si possono sovrapporre due pellicce.

                                      

Ogni volta che si intercalano gli smalti, le pellicce e i metalli si crea una o più partizioni. Ogni partizione immaginabile ha un suo nome; le principali sono queste:

Infine si possono aggiungere le pezze. Non devono coprire più di un terzo dello scudo e ricordano i drappi di stoffa che si mettevano sui medesimi.

Ecco le principali:

Dall’alto verso destra: capo, campagna, palo, fascia, banda, barra, cinta, scudetto in cuore, quartiere franco, squadra, cantone, scaccato, croce, Croce di Sant’Andrea (Sautoir è il saltatoio o montatoio: stoffa usata dai cavalieri per salire in sella a forma di X), scaglione, pergola, bordatura, vestito, cappato, calzato, abbracciato, mantellato, gherone.

Per descrivere correttamente uno scudo si ricorre alla blasonatura. Questo linguaggio specifico deriva direttamente dal Medioevo: i termini risultano inconsueti e arcaici ma sono ancora oggi quelli coretti per blasonare uno stemma. La scienza della blasonatura nasce in Francia in tempo feudale.

Il campo: è la superficie dello scudo.
Si inizia a descrivere lo scudo dal colore predominante ad esempio: al campo di rosso. Se non vi è un colore predominante lo scudo ha delle partizioni; per esempio si dirà gheronato all’argento e azzurro (bianco e blu)

Lo scudo viene descritto da chi lo porta perciò si legge al negativo la destra dell’osservatore è la sinistra dello scudo e viceversa.

I punti: sono nove e dividono ipoteticamente lo scudo in questo modo:

Se il quadrato supera la misura ipotetica del punto potrebbe essere una pezza come nello stemma di Ludovico di Borgogna dove la croce rossa è sul quartiere franco (un tipo di pezza) non sul cantone.

Alcuni scudi presentano un piccolo scudo al centro, è sempre una pezza è prende il nome di scudetto, se circolare può essere un bisante (che deriva dalla moneta aurea bizantina).

Se vi è una ripartizione diversa della zona centrale dello scudo (in 4 anziché tre) si avranno quindi sempre il capo e la punta ma le due sezioni che si comporranno al posto del cuore prendono il nome di posto d’onore e ombelico, rispettivamente una sopra l’altra.

Le Direzioni: servono soprattutto ad indicare verso dove va un oggetto sono: partito (dall’alto in basso), troncato (in orizzontale), tagliato (in discesa da destra a sinistra) e trinciato (in discesa da sinistra a destra).

ORNAMENTI

Timbro: indica il grado di nobiltà del portatore dello stemma. I timbri sono svariati tra essi troviamo:

I cimieri: segno di riconoscimento dei cavalieri che partecipavano ai tornei. Questi potevano essere inseriti sopra lo scudo. Si tratta di elmi particolarmente agghindati atti ad identificare il portatore. Gli svolazzi o lambrecchini sono le strisce di stoffa che scendono dalla cima dell’elmo. L’origine sembra fatta risalire ai crociati che utilizzavano strisce di stoffa al posto dell’elmo sotto il cocente sole della Terra Santa. Alcuni cimieri presentano il cercine composto da due strisce di stoffa arrotolate (lo stemma della città di Londra ne presenta uno ben identificabile).

Le corone: c’è poco da spiegare: “Dio me l’ha data, guai chi me la tocca”. Non sono solo simboli regi ma esistono anche per le nobiltà minori.

Triregno, mitra o cappello pastorale: riservato agli ecclesiastici. Più nappe (cordoni) ha il cappello più il rango è elevato. Il Papa può anche forgiarsi delle Chiavi di San Pietro, simbolo questo fondamentale nella storia medioevale sin dalla Battaglia di Civitate che le vede per la prima volta in campo con le forze di Leone IX.

Il manto: simile alle pellicce, è una grande cappa foderata di ermellino.

 I motti, le divise, le imprese e i gridi di guerra: i motti sono brevi frasi che accompagnano gli stemmi. La divisa definisce con un breve motto la fede e i principi del proprietario, mentre il grido d’arme è il segnale di adunata delle truppe. Le imprese sono un emblema personale.

Tenenti, supporti e sostegni: se lo stemma è tenuto da persone si definiscono quest’ultime tenenti, se animali, supporti. Gli oggetti inanimati sono semplici sostegni.

Esempio: descrizione dello stemma dei Gonzaga signori di Mantova a partire dal 1433.

D’argento (metallo) alla croce patente (che si allarga verso l’esterno) di rosso (smalto), accantonata (4 cantoni ovvero i punti dello stemma) da quattro aquile di nero dal volo abbassato rivolte alla destra araldica, sul tutto uno scudo (troppo grande per essere uno scudetto) inquartato (ovvero diviso in 4 parti) nel primo e nel quarto di rosso al leone con la coda biforcuta d’argento armato e lampassato d’oro, coronato e collarinato dello stesso; nel secondo e nel terzo fasciato (pezza orizzontale) d’oro e di nero.

Tra gli ornamenti allo stemma troviamo la corona ducale e il manto di ermellino.

Il motto sopra la corona “FIDES” e l’impresa di Federico II Gonzaga: “Olimpos” (sotto la corona scritto in greco).

LE FIGURE

Un capitolo a parte meritano le figure, infatti possono essere molto variegate. Per quello che riguarda la costruzione dello scudo basti sapere che alcune figure possono avere significati allegorici o invece andare a costituire uno stemma parlante. Un esempio tipico di stemma parlante è quello della casata irlandese Aherne che nel suo scudo include tre “herons” aironi, con un chiaro gioco di parole sul nome. Anche quello della famiglia francese Blois-Colombers che presenta un albero (Blois – bosco in francese ) e delle colombe.

Le croci nell’Europa medioevale cristiana si sono diversificate, per poi fiorire al tempo delle Crociate. Di croci ne esistono di mille forme e dimensioni inutile dire che meritano anche esse un approfondimento separato.

Importante è conoscere che per quanto riguarda gli animali gli “artigli” e la lingua possono presentare un colore diverso da quello del resto dell’animale. In questo caso si userà la parola armato per descrivere gli artigli e lampassato per descrivere la lingua.

I volatili si differenziano in quanto, rispetto agli altri animali, si deve usare la parola linguato per la lingua e imbeccato per il becco; resta il termine armato per gli artigli. Vi è però un’eccezione: l’aquila, simbolo imperiale sin dai Romani, con la quale si deve usare ancora il termine lampassato.

Curiosa è la figura del Merlotto un uccello senza zampe ne becco che rappresenta una ferita ricevuta sul campo di battaglia.

In una cavalcata generale e molto superficiale si è voluto dare la possibilità anche ai neofiti di apprendere le basi per poter iniziare a blasonare gli scudi esistenti in maniera corretta e iniziare magari a pensare ad un proprio stemma da portare con fierezza in qualche rievocazione. In ultimo infatti bisogna ricordare che non solo ai nobili era consentito avere il proprio stemma. Gli uomini di chiesa, le città, e infine, nel XIII secolo, anche gli artigiani si armarono del proprio blasone.

FONTI:

  • Clans and families of Ireland, John Grenham printed by Gill & Macmillan LDT, 1993
  • Vocabolario Treccani, Voce: Stèmma
  • Stemmi, Sylvie Bednar, printed by édition de La Martinière, 2011, Parigi, edizione italiana a cura di L’ippocampo, Milano a cura di Piero Marchi.
  • Wikipedia
  • Immagine presa dal sito http://www.vcostantini.eu del prof.ssa Valentina Costantini Docente di Arte e Immagine
  • Pezze onorevoli secondo Larousse, edizione del 1923.
  • Archivio storico araldico italiano, http://www.contironco.it/elementi/crocesantandrea.htm
  • Pittore Araldico
  • Araldicacivica

A cura del Dott. Marco Ugolini