
In un periodo di grande trasformazione, quanto a governamenti, Verona si poneva fra le avanguardie più mutevoli nella storia dell’amministrazione cittadina. Questa, infatti, già nel 1136 era di tipo consolare, segno che la volontà di autodeterminazione del popolo (o quantomeno della sua parte mercantile/artigiana più politicamente influente) era un principio assodato nel comune.
Nell’arco di un secolo, tuttavia, la città è già pronta a cambiare nuovamente assetto aprendo la strada all’ancora poco chiara salita al potere della famiglia dei Della Scala dopo la morte di Ezzelino III da Romano (1259) e grazie a Leonardino (Mastino) della Scala.
LE ORIGINI
Nacque nel 1270 dalla famiglia dei Nogarola (o da Nogarole) che aveva sede nella contrada di Santa Cecilia accanto all’omonima chiesa (vicino a Sant’Anastasia) di cui ora rimane solo il toponimo. Non è ben chiaro se la ricchezza dei Nogarola derivasse dal contado da essi posseduto o questo fosse una conseguenza, una sorta di investimento delle ricchezze familiari, fatto sta che comunque ciò consentiva loro di piazzarsi comodamente in quella che oggi chiameremmo la “Verona-bene”.
Un elemento sicuramente da notare è che i Nogarola sono una famiglia capitaneale, cioè hanno ricevuto il proprio potere feudatario direttamente da un’autorità sovraordinata rispetto alle altre famiglie e rispetto alla città stessa, come ad esempio un grande centro monastico (San Zeno) finanche un re o un imperatore. Al contempo ciò non vietava loro di ricevere infeudazioni di altre famiglie, come avvenne nel secolo XI, quando gli Este concessero loro il beneficio di una rocca (non quella che poi diede il nome all’odierna cittadina di Nogarole Rocca) come caposaldo difensivo del dominio territoriale.
Seppur non appartenenti alla vera e propria aristocrazia di origine nobiliare, i Nogarola si pongono nel solco delle famiglie arrampicatrici della società, scegliendo con una certa dose di lungimiranza di affiancarsi ai Della Scala, accompagnandoli però con grande modestas, la preziosa moderazione che contraddistingue la figura di Bailardino.
INQUADRAMENTO SCALIGERO
Un primo ed eclatante esempio del forte legame fra Nogarola e Della Scala si ha nel 1277, quando a morire insieme a Mastino della Scala c’è un tale Antonio Nogarola. Sebbene, appartenente al ramo “cittadino” della famiglia, quello cioè residente in città nella contrada di Santa Cecilia e non quello del contado dal quale più probabilmente proviene Bailardino, Antonio è il primo testimone della fedeltà incondizionata che i Nogarola avevano nei confronti degli Scaligeri.
Alla morte di Mastino I, praticamente senza soluzione di continuità, succede il fratello Alberto I, forte del sostegno della Domus Mercatorum, delle arti e del popolo veronesi, il cui governo, di stampo fondamentalmente diplomatico e pacifista, diede un primo grande impulso all’espansione economica e urbanistica della città. Non si può dire lo stesso del suo primogenito Bartolomeo, che salì al potere alla morte del padre e, dato il suo carattere pugnace, si impiegò in un’opera di costante espansione dei territori d’influenza della famiglia scaligera. A dispetto di ciò fu comunque lui a stipulare un solido trattato di pace con la storica nemica della città di Verona: Mantova (1299) e volle con sè nientemeno che il nostro Bailardino.
Nel turbolento periodo di transizione fra la reggenza di Bartolomeo e quella del fratello Can Francesco (poi Cangrande) si colloca tra l’altro il primo soggiorno di Dante fuggiasco (1304-1305) alla corte veronese.
CON BARTOLOMEO…
Dopo la morte del padre Zonfredo, Bailardino verosimilmente trascorse il suo periodo di minore età come protetto accanto al suo coetaneo Bartolomeo partecipando alla vita della famiglia dei Della Scala. [Italo Martinelli, presidente dell’associazione Cenacolo Veronese, nel quarto episodio della serie di “Discanto Talks” fa notare come risulti strano che siano stati scelti come pupilli i figli di Zonfredo Nogarola, del ramo contadino della famiglia, al posto dei figli di Antonio Nogarola, morto accanto a Mastino I e appartenente invece al ramo cittadino di Santa Cecilia]
Non si ha la certezza assoluta che abbia vissuto in prima persona l’arresto e l’epurazione dei catari (anche detti patari, patarini o consolati) di Sirmione nel 1277, ma si può ragionevolmente ritenere che fosse presente al matrimonio di Costanza della Scala con Obizzo I d’Este (1289) e soprattutto alla curia ad esso legata, un evento “mondano” estremamente importante che accompagnava spesso e volentieri le celebrazioni, come i matrimoni e le investiture a cavaliere dei giovani rampolli delle famiglie satelliti a quella dei signori cittadini. In questi eventi infatti, la famiglia ospite ostentava il proprio potere con tavole imbandite sontuosamente e ricchi regali per gli invitati; inoltre trovava modo di consolidare vecchie alleanze politico-economiche e stringerne di nuove.
Nel 1290 ritroviamo Bailardino nelle cronache pubbliche per la prima volta come acquirente di un terreno vicino a Bagnolo e l’anno successivo accompagna Bartolomeo, ormai di fatto considerato signore di Verona e suo amico carissimo, al matrimonio con Costanza d’Antiochia (discendente tra l’altro di Federico II Stupor Mundi, segno che rimaneva molto forte il credo ghibellino fra gli Scaligeri), il secondo della campagna di unioni politiche volte ad accrescere la fama della famiglia dei Della Scala.
Purtroppo le fonti sono avare riguardo le caratteristiche fisiche e caratteriali di Bailardino, egli compare infatti solo in atti ufficiali, ed il più importante fra questi avviene nel 1294. Nella curia per la sconfitta di Azzo d’Este, Bailardino e il fratello Antonio vengono creati cavalieri insieme a Bartolomeo e al piccolo Cangrande di soli tre anni.
… PER CANGRANDE
Ferreto de’ Ferreti, notaio e storiografo di origine vicentina, presenta il giovane Nogarola come precettore di Cangrande nel suo De Scaligerorum origine poema, e la veridicità di questa ipotesi non è assolutamente da sottovalutare data la presenza costante del nome di Bailardino degli atti ufficiali legati alla reggenza prima di Bartolomeo, e poi di Cangrande.
Dopo aver ospitato proprio nel suo castello di Nogarole Matteo Visconti fuggito da Milano, contribuì alla cessione dei possedimenti patavini di Nicolò da Lozzo (con il quale si era imparentato unendo i rispettivi figli Guido da Lozzo ed Enida Nogarola) a Cangrande nel 1311.
Quello stesso anno fu cruciale per la carriera di Bailardino.
Guidò infatti la delegazione inviata dagli Scaligeri a Milano al cospetto di Enrico VII imperatore e qualche mese dopo divenne vicario regio a Bergamo. Gli fu concesso inoltre anche il vicariato su Lonato, ma di questa nomina le fonti non riportano una data certa.
Fra il 1312 e il 1329 lavorò assiduamente per Cangrande, il quale gli affidò senza dubbio alcuno il vicariato sulla città di Vicenza, con l’eccezione del biennio 1317-19 durante il quale fu impegnato in varie operazioni militari come l’assedio di Monselice, la conquista di Montagnana (Mantova) e l’assedio di Cittadella (Padova).
Fu fondamentale nelle trattative fra Ludovico il Bavaro e Cangrande a Marcaria, sempre nel mantovano, e nel 1327 affiancò Spinetta Malaspina nella mediazione fra Enrico VII e Azzone Visconti. Conquistata definitivamente Padova nel 1328, partecipò all’ingresso trionfale di Cangrande a Padova e accolse poi a Verona Taddea di Carrara, data in moglie a Mastino II. Nella curia legata alle celebrazioni per la conquista appena ottenuta, Cangrande lo ricompensò creando cavalieri i suoi due figli, Nicolò e Cagnolo.
FRA PADOVA E VENEZIA
Nel decennio che seguì la morte improvvisa di Cangrande (1329), la sua importanza non subì certamente alcun danno, al contrario ottenne incarichi ancor più prestigiosi.
Le fonti lo danno quello stesso anno come principale curatore della transizione di potere fra il defunto signore di Verona e i nipoti suoi successori, Mastino II e Alberto II figli di Alboino, e principale negoziatore con il Bavaro trentino.
Due podesterie a Padova (1330-31 e 1335-36), trasformata di fatto nella seconda capitale del regno scaligero, si intervallano con l’incarico di legato a Venezia tenuto fino al 1336 quando la Serenissima decide di attaccare gli Scaligeri nonostante l’incontro diplomatico fra Bailardino e Jacopo Piacentino.
Si ritirò poi a vita privata fino alla morte (1339), ma sicuramente continuò ad esercitare una certa influenza e portare consiglio ai giovani reggenti della famiglia dei Della Scala dato che i documenti ufficiali riportano il suo castello come luogo dove Mastino II cedette la procura all’incaricato che poi stipulò la pace con la Repubblica di Venezia.
CONCLUSIONE
“Nogarola appartiene a una tipologia piuttosto diffusa di grandi aristocratici attivi nella complicata vita politica del Trecento italiano: provetti uomini di governo non meno che d’arme, a loro agio nei palazzi comunali, nelle corti signorili, sul campo di battaglia ma nello stesso tempo titolari di diritti signorili. Una così indefettibile fedeltà alla sua città e ai suoi signori non fu frequentemente replicata nei decenni successivi, quando altre grandi casate legate agli Scaligeri (Dal Verme, Bevilacqua) seguirono logiche più spregiudicate di affermazione.”
Queste sono le parole conclusive dedicate a Bailardino Nogarola da Gian Maria Varanini al termine del paragrafo da lui curato nel Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani) e riassumono perfettamente una vita spesa con abnegazione al servizio della famiglia Della Scala. Nonostante ciò tuttavia, si pose sempre con moderazione, fu un consigliere super partes ed un diplomatico sopraffino, per questo estremamente prezioso nella turbolenta ascesa e affermazione della famiglia scaligera.
Fu ricompensato grandemente, ma la fedeltà che riponeva nei suoi signori era talmente profonda da indicarli come ultimi destinatari della propria eredità familiare nel caso in cui Cagnolo, individuato nel testamento come erede universale, non avesse prodotto eredi maschi legittimi dal futuro matrimonio anch’esso nelle mani di signori di Verona. Ciò infatti accadde circa quindici anni più tardi, aggiungendo ai possedimenti scaligeri anche quella che poi divenne Villa Nogarola, il vero nome del castello di Castel d’Azzano, ed il contado sotto la sua influenza.
FONTI:
Italo Martinelli – Con gli occhi di Bailardino. L’amico di Dante e Cangrande (Zerotre, 2021)
Italo Martinelli, Con gli occhi di Bailardino . L’amico di Dante e Cangrande, quattro puntate (Cenacolo Veronese e Discanto Talks su YouTube, 2020)
Gian Maria Varanini, NOGAROLA Bailardino, Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani, 2013)
Gian Maria Varanini e B. Chiappa, Nogarole Rocca nella storia. Gli uomini, la terra, l’acqua, il confine (2008)
Ferreto de’ Ferreti, De Scaligerorum origine poema (1329)
A cura di Vittoria Cagalli